Will Davis – La mia versione dei fatti

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La mia versione dei fatti
Will Davis

La mia versione dei fatti

In questi giorni avrei avuto Musashi in lettura, ma sono andata in biblioteca e sono tornata a casa con questo romanzo che era da tempo nella mia lista dei desideri e così, visto che alla fine dovrò restituirlo, l’ho letto prima di concludere Musashi.

Trama in breve: Cosa succederebbe se i tuoi genitori si odiassero e ti volessero mandare in analisi? Cosa succederebbe se tua sorella saccente e santarella, e il suo gruppo di amici avessero deciso che devono spedirti all’inferno? Cosa succederebbe se il bullo della scuola e i suoi compari stessero cercando di darti una lezione e se il tuo migliore amico avesse appena svelato la tua sessualità a un neo-nazista? A Jarold, Jaz per gli amici, nulla di particolare, nessuno di questi problemi pare togliergli il sonno, almeno finché non incontra l’uomo dei suoi sogni al club gay della sua zona. E all’improvviso le cose si fanno più complicate.

Questa volta è il protagonista stesso, e quindi l’autore, a dirci che non c’è grande trama in queste pagine: è vero.
E’ la storia di un adolescente, che si trova con una famiglia con cui non riesce ad andare d’accordo, una migliore amica fissata con la politica e una scuola piena di bulletti che non vedono l’ora di fargli la pelle.
Non c’è molto da dire su questo romanzo, per quanto mi riguarda.
Il protagonista è la nostra voce narrante, tutto ci viene riferito in prima persona e la prima cosa che ho pensato è che tutti questi personaggi sono completamente schizzati.
Il primo premio credo vada alla madre del protagonista, ma anche lui si difende bene e aggiungerei che anche l’amica, Al, ha seri problemi.
Nonostante questo, non dico di averli del tutto disprezzati, solo che sono talmente esagerati che non mi hanno lasciato nulla, in particolare la madre del protagonista, che per quanto mi riguarda è descritta in modo davvero esagerata.
Per contro, ci sono personaggi interessanti che non sono stati per niente approfonditi, ovviamente per motivi di trama, e tra questi includerei tutti gli altri.
Trovo che ci sia stata una certa fretta nel tratteggiarli: fanno tante cose, ma di loro mi è rimasto poco.
Il libro non segue l’ordine cronologico, e se non fosse il protagonista ad aiutarci a raccapezzarci ammetto che sarebbe tutto molto confuso: il fatto che lui spieghi esattamente quando si svolge un fatto mi ha aiutata a non perdere il filo, ma non l’ho apprezzato.
Quello che mi è piaciuto è stato il modo in cui è scritto.
Il protagonista è ironico, quasi brutale nelle sue descrizioni. Non ci sono fronzoli né eleganza, c’è un linguaggio schietto che mi è piaciuto e in alcuni punti mi ha fatta anche divertire. Direi che è senza dubbio quello che considero il punto di forza del romanzo.

In conclusione, non mi sento di sconsigliare questo romanzo, ma nemmeno di consigliarlo.
A me è piaciuto moderatamente, diciamo che è stato uno svago piacevole ma mi ha lasciato poco. Forse, dopo averne letto recensioni entusiaste in giro per il web, mi aspettavo troppo.

Anthony Capella – Il pasticcere del re

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Il pasticcere del re
Anthony Capella

Il pasticcere del re

Sono una grande amante dei romanzi storici, mi piacciono i libri che parlano di cibo e quindi ho ceduto subito quando ho visto questo romanzo.

Trama in breve: Carlo Demirco, un tempo servo del persiano Ahmad, conosce i segreti del ghiaccio ed è un maestro nella preparazione di gelati, sorbetti e cordiali. La sorte lo porta prima a Versailles e poi in Inghilterra, dove mette la sua arte al servizio dei due maggiori sovrani d’Europa, Luigi XIV e Carlo II.
Sua compagna di viaggio Louise, discendente di un’antica famiglia della Bretagna, di cui è perdutamente innamorato, il cui compito è quello di fungere da intermediaria tra il re di Francia e quello di Inghilterra.

Lo dico fin da subito: non mi ha lasciato nulla.
Non è scritto male; il ritmo è piuttosto lento ma non considero questa caratteristica un difetto, anzi spesso preferisco una storia più lenta a una troppo frenetica.
Il punto, qui, è che non sono riuscita a trovare quel qualcosa in più che mi fa amare un libro.
E’ scritto bene, anche se alcuni punti mi hanno fatto storcere il naso (dubito fortemente che una dama di Versailles profumasse di acqua di rose), ma è noioso, e il protagonista è di una superficialità e una stupidità imbarazzante.
Il suo nome è Carlo Demirco. Da bambino lavorava per Ahmad, un persiano che, nella Firenze dei Medici, si occupava della preparazione di sorbetti e cordiali graditissimi dalla nobiltà.
Carlo impara da lui questo mestiere, e trova la sua fortuna il giorno in cui riesce ad arrivare in Francia, alla corte di Luigi XIV.
Al di là delle varie vicende che fanno da sfondo e che ognuno di noi ha studiato sui banchi di scuola, la stupidità di quest’uomo è allucinante. Sembra che il suo cervello sia programmato per pensare a gelati e sorbetti: null’altro. Non ha la minima sensibilità, non ha pensieri profondi. Anche l’amore che dice di professare per Louise risulta più che altro un’ossessione, tra l’altro mal gestita.
Altra nota dolente, Louise.
Ora, che non si possano amare tutti i personaggi è chiaro, che li si possano odiare tutti (quei pochi che sono caratterizzati, la maggior parte sono poco più che comparse) è come minimo sgradevole.
Louise è insopportabile, o almeno, lo è stata per me.
Arrogante e altezzosa quando non ha alcun motivo di esserlo, dà l’impressione di ritenersi superiore a chiunque.
Non disdegno un personaggio dal brutto carattere, ma l’ho trovata davvero mal gestita.
La questione dei personaggi è importantissima, per quanto mi riguarda, e qui sono proprio loro a rovinare quello che, di base, sarebbe potuto essere un bel romanzo.

In conclusione, non posso consigliare un romanzo che mi ha fatto nascere il desiderio di veder morire i personaggi tra atroci sofferenze.
Sarebbe stato un buon libro, se non ci fosse stato alcun protagonista.

Lisa See – La ragazza di giada

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La ragazza di giada
Lisa See

la ragazza di giada

Ho letteralmente adorato, di quest’autrice, “Fiore di Neve e il ventaglio segreto”, quindi come potevo non acquistare anche questo libro?
In realtà ho poi avuto difficoltà a finirlo, non mi è sembrato accattivante come l’altro.

Trama in breve: Nella Cina del XVII secolo, Peonia, una ragazza appartenente alla prestigiosa famiglia Chen, è promessa sposa a un uomo che non conosce.
Il giorno del suo sedicesimo compleanno, durante l’allestimento dell’opera Il Padiglione delle Peonie, conosce un ragazzo di cui si innamora a prima vista, ricambiata. Ma Peonia è consapevole di non poter cedere, visto il suo imminente matrimonio con l’uomo sconosciuto che i genitori le hanno scelto.
Da qui inizia il tormento della ragazza, che ha risvolti importantissimi e molto particolari.

Partiamo dal presupposto che parlare di questo libro è difficile perché non voglio fare spolier, e buona parte della mia perplessità arriva proprio dal colpo di scena che conclude la prima parte del romanzo, che mi ha lasciato tanto basita da farmi abbandonare la lettura per due giorni interi.
Una volta ritrovata la voglia di continuare, ho constatato che comunque Lisa See non si smentisce: la ricostruzione storica è accurata e dettagliata, sono stata davvero catapultata in un mondo diverso, con rituali e tradizioni che mi sono entrati nel cuore, per quanto siano così diversi dalla mia realtà.
Grandi protagoniste del romanzo sono le donne, anche se la loro vita ruota attorno agli uomini.
Peonia, naturalmente, la giovane protagonista. L’ho apprezzata molto: è una normale ragazza di sedici anni, ovviamente calata in un contesto diverso dal nostro, con la sua leggerezza da una parte, e dall’altra il desiderio e il dovere di compiacere i genitori e tenere alto il nome della famiglia.
C’è sua madre, una donna forte, con un passato importante da svelare, fondamentale nelle vicende della figlia.
Tan Ze, bimba di nove anni all’inizio del romanzo, la ritroviamo adulta in seguito, viziata e arrogante.
Poi la piccola Yi, una ragazza fragile fisicamente ma con uno spirito fortissimo, capace di cambiare le sorti di Peonia e di Tan Ze.
Peonia, Tan Ze e Yi sono legate, sono mogli-gemelle: per capire è necessario leggere il romanzo, o svelo l’intero intreccio.
Ci sono anche gli uomini, ovviamente, ma fanno da contorno. Sono la causa scatenante di tutto ma alla fine non risolvono e non concludono niente. La storia si svolge nelle camere interne, dove vivono le donne, e soprattutto si concentra sulle loro passioni e sui loro desideri.

In conclusione, non lo ritengo ai livelli di “Fiore di Neve e il ventaglio segreto”, ma lo ritengo un bel romanzo.
Io, poi, con la passione per la storia, continuo a essere innamorata delle descrizioni di questa donna, che per quanto mi riguarda valgono l’intero romanzo. Sono stata letteralmente catapultata nella Cina del XVII secolo, e non posso quindi che consigliare con tutto il cuore questo romanzo.