Lisa See – Le perle del Drago Verde

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Lisa See
Le perle del Drago Verde

Mi sono innamorata di quest’autrice con “Fiore di Neve e il ventaglio segreto”, perciò non appena ho trovato questo romanzo non ho potuto fare a meno di acquistarlo.

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Trama in breve: Unite da un profondo affetto e dalle vicende di un’esistenza travagliata, le sorelle May e Pearl Chin, dopo una giovinezza felice a Shangai, la “Parigi d’Oriente”, vivono nella Los Angeles degli anni Cinquanta costrette dal padre a un matrimonio d’interesse con i fratelli Louie. Nella Chinatown della città, le due famiglie hanno allevato Joy, ora diciannovenne, che scopre per caso con dolore di non essere figlia di Pearl e Sam, come ha sempre creduto, bensì di May e del suo grande amore di gioventù, il pittore cinese Z.G.
Sconvolta, la ragazza decide di recarsi nel Paese al quale sente di appartenere, per conoscere il suo vero padre. Ma la Cina che l’attende è la Cina del Grande Balzo in avanti, un Paese in cui gli individui non contano nulla, piegati dal potere e dalle sue richieste spietate. Lo stesso padre di Joy è osteggiato dal nuovo regime in quanto artista e sta per partire per la campagna dove dovrà imparare dalla vita reale e fare autocritica. Nel suo entusiasmo cieco per il Paese che sente come suo, Joy decide di seguirlo e in un villaggio sperduto si innamora di Tao Feng, un contadino.
Nel frattempo a Los Angeles, la “madre” di Joy, Pearl, decide di recarsi a sua volta in Cina per riportare a casa “sua” figlia…

All’inizio ammetto di non essere stata contenta di questo romanzo.
Mi sembrava lento, e per le prime pagine non è riuscito ad appassionarmi. Complice il mio amore per l’Oriente e la storia, ho deciso di continuare e non me ne sono per niente pentita.
Parto dai personaggi.
Protagoniste della vicenda sono Joy e Pearl, le cui voci si alternano nei capitoli del romanzo, facendoci seguire separatamente le vicende dell’una e dell’altra. Confesso che per me è stato più facile immedesimarmi in Pearl, la madre, mentre ho trovato “poco digeribile” il personaggio di Joy.
E’ una ragazza di appena vent’anni, con la testa piena di ideali sul comunismo che le sono stati inculcati in America, dove viveva fino alla decisione di trasferirsi in Cina. Nel romanzo si nota senza dubbio tutta la sua ingenuità, la sua cecità davanti ai problemi del Paese che lei ritiene perfetto nonostante veda con i propri occhi che tutto perfetto, in effetti, non è. Posso dire di averla trovata caparbia e infantile, ma ho assolutamente apprezzato la sua costruzione, e la maturazione che subisce. Senza dubbio alla fine del romanzo Joy non è la stessa delle prime pagine: ha imparato dai propri errori ed è maturata molto.
Pearl esprime l’angoscia di una madre che per anni ha mentito alla figlia e ora teme di perderla. E’ una donna forte, lo si capisce benissimo nonostante le insicurezze che dimostra di avere in alcuni passaggi. E’ una madre capace di permettere alla figlia di vivere la propria vita, anche se sa che questo le causerà dei guai. Sospesa a metà tra il ricordo della giovinezza e la vita attuale, è un personaggio profondo e commovente.
Per quanto riguarda il padre di Joy, Z.G., ammetto di averlo trovato sfuggente e di non averlo compreso fino in fondo.
Altro personaggio ben costruito è senza dubbio l’ambiguo Tao, che ho trovato dolce e gentile fino a metà romanzo, quando la stessa Joy scopre la sua vera natura.
A fare da sfondo alle vicende di questi personaggi troviamo la Cina del Grande Balzo in avanti, davvero ben descritta con i suoi aspetti positivi e con quelli negativi. In particolar modo è Joy quella che ci mostra l’idealizzazione dell’opera di Mao, mentre Pearl, al contrario, riserva a tutta la rivoluzione uno sguardo critico che ne mette in evidenza le ambiguità e i difetti.

In conclusione, è un romanzo che, nonostante la lentezza iniziale, mi sento di consigliare.
E’ coinvolgente e ben strutturato, i personaggi sono ben costruiti e hanno una notevole evoluzione.

Ito Ogawa – Il ristorante dell’amore ritrovato

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Il ristorante dell’amore ritrovato
Ito Ogawa

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Mi piacciono i libri che parlano di cibo.
Li adoro; mi piacciono le descrizioni dei profumi, dei sapori, delle ricette. Non potevo davvero, quindi, lasciarmi scappare questo romanzo.

Trama in breve: Ringo, una ragazza che lavora nelle cucine di un ristorante turco di Tokyo, rientra una sera a casa con l’intenzione di preparare una cena succulenta per il suo fidanzato col quale convive da un po’. Con suo sommo sgomento, però, scopre che l’appartamento è completamente vuoto. Niente televisore, lavatrice, frigorifero, mobili, tende, niente di niente. Spariti persino gli utensili in cucina, il mortaio di epoca Meiji ereditato dalla nonna materna, la casseruola Le Creuset acquistata con la paga del suo primo impiego, il coltello italiano ricevuto in occasione del suo ventesimo compleanno. E, soprattutto, sparito il fidanzato indiano, maitre nel ristorante accanto al suo, un ragazzo con la pelle profumata di spezie. Lo choc di Ringo è tale che resta impietrita al centro della casa desolatamente vuota, la voce che non le esce più dalla bocca. Decide allora di ritornare al villaggio natio, dove non mette più piede da quando, quindicenne, è scappata di casa in un giorno di primavera. Là, appartata nella quiete dei monti, matura il suo dolore. Una mattina, però, osservando il granaio della casa materna, Ringo ha un’idea singolare per tornare pienamente alla vita: aprire un ristorante per non più di una coppia al giorno, con un menu ad hoc, ritagliato sulla fisionomia e i possibili desideri dei clienti.

Ho trovato l’inizio di questo romanzo un po’ lento.
Anzi, molto lento, al punto che cominciavo a stancarmene. Lo salvavano le descrizioni stupende della preparazione dei cibi, e l’eleganza della scrittura.
Così ho continuato, e me ne sono innamorata.
Non è un libro dai grandi avvenimenti, la trama è molto semplice anzi, oserei quasi azzardare che la trama non c’è o comunque è ridotta al minimo.
Ma il ristorante di Ringo, il Lumachino, mi ha davvero catapultata in un mondo magico.
Questa volta non mi dilungherò molto sui personaggi: la protagonista ha davvero pochi contatti con gli altri personaggi, i dialoghi sono scarsi e tutto si concentra sulle descrizioni e sulle riflessioni di Ringo.
L’intensità di questo romanzo, per quanto mi riguarda, sta nei sentimenti.
Lo stile contribuisce senza dubbio ad aiutare in questo. Dire che il libro è scritto benissimo, per me, è dire poco. Ho trovato frasi stupende, uno stile musicale, lento, davvero suggestivo. Mi è piaciuto davvero tanto, diciamo che l’ho trovato il punto saliente del romanzo.
In rete ho trovato spesso critiche sulla scena della macellazione del maialino. Ammetto che è stata straziante, ma lo confesso: l’ho trovato il punto più sublime del romanzo. L’intensità dei sentimenti, il dolore della protagonista e allo stesso tempo una sorta di tranquillità che deriva da quella scena… E’ stato semplicemente perfetto.

In conclusione, è un romanzo che consiglio con tutto il cuore.
L’ho davvero adorato, e sono contenta di non essermi fatta scoraggiare dalla lentezza delle prime pagine: vale la pena di arrivare fino in fondo.

Will Davis – La mia versione dei fatti

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La mia versione dei fatti
Will Davis

La mia versione dei fatti

In questi giorni avrei avuto Musashi in lettura, ma sono andata in biblioteca e sono tornata a casa con questo romanzo che era da tempo nella mia lista dei desideri e così, visto che alla fine dovrò restituirlo, l’ho letto prima di concludere Musashi.

Trama in breve: Cosa succederebbe se i tuoi genitori si odiassero e ti volessero mandare in analisi? Cosa succederebbe se tua sorella saccente e santarella, e il suo gruppo di amici avessero deciso che devono spedirti all’inferno? Cosa succederebbe se il bullo della scuola e i suoi compari stessero cercando di darti una lezione e se il tuo migliore amico avesse appena svelato la tua sessualità a un neo-nazista? A Jarold, Jaz per gli amici, nulla di particolare, nessuno di questi problemi pare togliergli il sonno, almeno finché non incontra l’uomo dei suoi sogni al club gay della sua zona. E all’improvviso le cose si fanno più complicate.

Questa volta è il protagonista stesso, e quindi l’autore, a dirci che non c’è grande trama in queste pagine: è vero.
E’ la storia di un adolescente, che si trova con una famiglia con cui non riesce ad andare d’accordo, una migliore amica fissata con la politica e una scuola piena di bulletti che non vedono l’ora di fargli la pelle.
Non c’è molto da dire su questo romanzo, per quanto mi riguarda.
Il protagonista è la nostra voce narrante, tutto ci viene riferito in prima persona e la prima cosa che ho pensato è che tutti questi personaggi sono completamente schizzati.
Il primo premio credo vada alla madre del protagonista, ma anche lui si difende bene e aggiungerei che anche l’amica, Al, ha seri problemi.
Nonostante questo, non dico di averli del tutto disprezzati, solo che sono talmente esagerati che non mi hanno lasciato nulla, in particolare la madre del protagonista, che per quanto mi riguarda è descritta in modo davvero esagerata.
Per contro, ci sono personaggi interessanti che non sono stati per niente approfonditi, ovviamente per motivi di trama, e tra questi includerei tutti gli altri.
Trovo che ci sia stata una certa fretta nel tratteggiarli: fanno tante cose, ma di loro mi è rimasto poco.
Il libro non segue l’ordine cronologico, e se non fosse il protagonista ad aiutarci a raccapezzarci ammetto che sarebbe tutto molto confuso: il fatto che lui spieghi esattamente quando si svolge un fatto mi ha aiutata a non perdere il filo, ma non l’ho apprezzato.
Quello che mi è piaciuto è stato il modo in cui è scritto.
Il protagonista è ironico, quasi brutale nelle sue descrizioni. Non ci sono fronzoli né eleganza, c’è un linguaggio schietto che mi è piaciuto e in alcuni punti mi ha fatta anche divertire. Direi che è senza dubbio quello che considero il punto di forza del romanzo.

In conclusione, non mi sento di sconsigliare questo romanzo, ma nemmeno di consigliarlo.
A me è piaciuto moderatamente, diciamo che è stato uno svago piacevole ma mi ha lasciato poco. Forse, dopo averne letto recensioni entusiaste in giro per il web, mi aspettavo troppo.

Lisa See – La ragazza di giada

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La ragazza di giada
Lisa See

la ragazza di giada

Ho letteralmente adorato, di quest’autrice, “Fiore di Neve e il ventaglio segreto”, quindi come potevo non acquistare anche questo libro?
In realtà ho poi avuto difficoltà a finirlo, non mi è sembrato accattivante come l’altro.

Trama in breve: Nella Cina del XVII secolo, Peonia, una ragazza appartenente alla prestigiosa famiglia Chen, è promessa sposa a un uomo che non conosce.
Il giorno del suo sedicesimo compleanno, durante l’allestimento dell’opera Il Padiglione delle Peonie, conosce un ragazzo di cui si innamora a prima vista, ricambiata. Ma Peonia è consapevole di non poter cedere, visto il suo imminente matrimonio con l’uomo sconosciuto che i genitori le hanno scelto.
Da qui inizia il tormento della ragazza, che ha risvolti importantissimi e molto particolari.

Partiamo dal presupposto che parlare di questo libro è difficile perché non voglio fare spolier, e buona parte della mia perplessità arriva proprio dal colpo di scena che conclude la prima parte del romanzo, che mi ha lasciato tanto basita da farmi abbandonare la lettura per due giorni interi.
Una volta ritrovata la voglia di continuare, ho constatato che comunque Lisa See non si smentisce: la ricostruzione storica è accurata e dettagliata, sono stata davvero catapultata in un mondo diverso, con rituali e tradizioni che mi sono entrati nel cuore, per quanto siano così diversi dalla mia realtà.
Grandi protagoniste del romanzo sono le donne, anche se la loro vita ruota attorno agli uomini.
Peonia, naturalmente, la giovane protagonista. L’ho apprezzata molto: è una normale ragazza di sedici anni, ovviamente calata in un contesto diverso dal nostro, con la sua leggerezza da una parte, e dall’altra il desiderio e il dovere di compiacere i genitori e tenere alto il nome della famiglia.
C’è sua madre, una donna forte, con un passato importante da svelare, fondamentale nelle vicende della figlia.
Tan Ze, bimba di nove anni all’inizio del romanzo, la ritroviamo adulta in seguito, viziata e arrogante.
Poi la piccola Yi, una ragazza fragile fisicamente ma con uno spirito fortissimo, capace di cambiare le sorti di Peonia e di Tan Ze.
Peonia, Tan Ze e Yi sono legate, sono mogli-gemelle: per capire è necessario leggere il romanzo, o svelo l’intero intreccio.
Ci sono anche gli uomini, ovviamente, ma fanno da contorno. Sono la causa scatenante di tutto ma alla fine non risolvono e non concludono niente. La storia si svolge nelle camere interne, dove vivono le donne, e soprattutto si concentra sulle loro passioni e sui loro desideri.

In conclusione, non lo ritengo ai livelli di “Fiore di Neve e il ventaglio segreto”, ma lo ritengo un bel romanzo.
Io, poi, con la passione per la storia, continuo a essere innamorata delle descrizioni di questa donna, che per quanto mi riguarda valgono l’intero romanzo. Sono stata letteralmente catapultata nella Cina del XVII secolo, e non posso quindi che consigliare con tutto il cuore questo romanzo.

Sciltian Gastaldi – Angeli da un’ala soltanto

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Angeli da un’ala soltanto
Sciltian Gastaldi

Angeli da un'ala soltanto

Questo è nella mia libreria da tantissimo tempo, e alla fine ho deciso di leggerlo.
Meglio tardi che mai!

Trama in breve: Francesco ed Emanuele hanno diciannove anni, sono due ragazzi normali, con una vita normale, che si amano più che mai. Francesco ha perso la madre da piccolo, vive con una sorella che cerca di sostituirla come può e un padre assente, che lo disapprova. Dal suo punto di vista viviamo la sua intensissima relazione con Emanuele, un ragazzo particolare che l’ha davvero incantato.

Mi è piaciuto.
La trama è molto semplice, in realtà: sono due ragazzi che si amano, semplicemente, e come tutti gli innamorati fanno progetti, litigano, hanno incomprensioni anche molto profonde.
Per quanto riguarda i personaggi, li ho apprezzati.
Sono persone normali, con i loro difetti, le loro incongruenze e a volte degli atteggiamenti molto stupidi. E’ una cosa che mi è piaciuta tanto, mi ha fatto sembrare la storia molto più viva, è stato facile immedesimarsi nella voce narrante, Francesco.
Tutto è filtrato dai suoi occhi, ed è stato molto piacevole leggere questa storia attraverso di lui, in particolare per quanto riguarda il personaggio di Emanuele.
E’ un ragazzo particolare, io l’ho odiato e amato allo stesso tempo; sicuramente è molto vero.
Diciamo che mi sono piaciute molto meno le lunghissime mail che i protagonisti si scrivono, in particolare quelle scritte da Emanuele. Dunque, questo personaggio frequenta il classico e okay, ci sta che abbia un linguaggio forbito, non dico di no. Però secondo me si è esagerato. Emanuele ha diciannove anni e parla e scrive come un accademico della Crusca.
Ecco, questa secondo me è la nota dolente del libro: non ho trovato verosimili i dialoghi. I protagonisti sono due diciannovenni che parlano come novelli Dante, con espressioni eleganti, complesse, lontane dal linguaggio quotidiano. Insomma, il libro è recente (2004) e mi sarei aspettata qualcosa di più verosimile da questo punto di vista. Se sia una scelta precisa dell’autore non lo so, ma a me non è piaciuto.
Questo non toglie che sia un bel libro: non lo definirei un capolavoro, ma una lettura molto piacevole sì.
Mentirei se dicessi che non mi ha coinvolta moltissimo e che ero impaziente di vedere come si sarebbe evoluta la situazione tra i due protagonisti.

In conclusione, direi che lo consiglio parzialmente.
Insomma, se siete alla ricerca di un libro piacevole ma non molto di più, è una lettura più che adeguata.
Io forse, dopo averne letto recensioni entusiaste in giro per il web, mi aspettavo troppo.

Eleonora Caruso – Comunque vada non importa

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Comunque vada non importa
Eleonora Caruso

Comunque vada non importa

Confesso, sono sempre titubante quando si parla di esordienti.
Insomma, non danno la stessa sicurezza di un autore conosciuto e magari amato, no?
Non a caso, nella mia libreria girano sempre gli stessi nomi, alla fine.
Bene, parliamo di questo romanzo, allora.

Trama in breve: Darla e il fratello Andrea si sono trasferiti a Milano da Novara, con l’intento di studiare all’università.
Sono fratelli, diversi tra loro eppure simili. Andrea è intelligente, bello, e con i suoi comportamenti autodistruttivi mette in ombra la sorella.
Darla, la nostra protagonista, vive sul divano davanti al pc. Letteralmente. A cercare di salvarli Alessandro, fidanzato di Andrea, che tiene a entrambi, che è affezionato loro nonostante siano due personalità difficili.

La trama, bene o male, è questa.
Sembra poca cosa, e in effetti se cerchiamo avvenimenti entusiasmanti in questo libro faremo fatica a trovarne.
Ma è bello. E’ bello davvero.
Darla è una donna vera, dannazione, diversa dai soliti libri. Anzi, è più di una donna vera! E’ sciatta, infantile, è pure sporca, ma quanto sono veri i suoi pensieri io non lo so dire. E’ anche incoerente, non sa nemmeno lei cosa vuole, però lo vuole. E’ egoista, tantissimo, ma chi non è egoista in realtà? Darla è vera, per quanto mi riguarda.
Posso dire di avere amato alla follia questa protagonista? Lo dico.
L’ho amata più che mai.
Così come ho amato e odiato Andrea, che è una presenza evanescente ma che si sente, eccome. In fin dei conti, è lui il fulcro che muove tutto, è intorno a lui che ruotano i personaggi e tutta la vicenda.
E’ un romanzo veloce: si legge in un pomeriggio.
Questo non vuol dire che sia semplice. Io ho riso leggendolo, ma ci sono anche rimasta male. Ho provato una forte malinconia quando Darla parlava del rapporto con il padre, con il fratello, con le amiche.
Non è un libro che ha una storia da raccontare, questo no. Ci mostra uno spaccato di vita, ecco tutto.
Io non guardo la trama di un libro, non mi interessa se per duecento pagine non succede niente.
Questo romanzo è scritto bene. Punto. E a me è piaciuto tantissimo così com’è.
Non ci sono fronzoli, anche lo stile è duro, secco. In sintonia con Darla, l’io-narrante di tutta la vicenda.

In conclusione, io lo consiglio.

Geraldine Brooks – L’isola dei due mondi

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L’isola dei due mondi
Geraldine Brooks

L'isola dei due mondi

Questa volta mi riesce davvero difficile dare un’opinione sul romanzo.
Ho lasciato passare un paio di giorni per scrivere la recensione appunto per vedere se riuscivo a farmene un’idea più chiara; non ci sono riuscita. Ebbene, cominciamo.

Trama in breve: Bethia è figlia di un pastore impegnato in una missione di evangelizzazione dei Nativi d’America.
Siamo nel 1660 circa, in Nord America. Bethia e la sua famiglia sono inglesi, e si trovano a dover convivere con i wampanoag, tribù di indigeni di cui fa parte Caleb Cheeshahteaumauk.
La storia che leggiamo è la sua, vista tramite gli occhi di Bethia, che ci racconta come Caleb sia stato il primo indigeno a laurearsi ad Harvard, dopo essersi allontanato dalla sua tribù e dai suoi costumi per abbracciare il cristianesimo.

Dunque, partiamo dal fatto che questo romanzo è narrato in prima persona attraverso gli occhi di Bethia.
Questo ci catapulta in pagine dense di pensieri, di timore di Dio, di sensi di colpa e di riflessioni che però non sono riusciti a farmi immedesimare nel personaggio. Forse Bethia è troppo distante da una donna del ventunesimo secolo per poter essere un personaggio in cui immedesimarsi, ma questo senza dubbio non ha contribuito ad appassionarmi al libro.
Di Bethia c’è da dire che è una ragazza intelligente, determinata. Nonostante i precetti che le sono stati insegnati, si pone delle domande e mette in dubbio quello che sa, ma arriva a pentirsene, creando situazioni di forte contrasto tra quello che vuole e quello che deve fare.
E’ un romanzo di contrasti: non solo quello interiore di Bethia, ma anche quello con Caleb, rappresentante di una cultura forse troppo diversa. Ho apprezzato i discorsi dei due riguardo alla religione: Bethia, fervida credente, tenta di convincere Caleb della bontà di un Dio che lui non capisce. Caleb pone domande semplicissime a cui Bethia non sa rispondere, semplicemente perché la religione non le dà le risposte.
Il contrasto tra il cristianesimo e il paganesimo è molto forte nella prima metà del libro, si attenua con il cambiamento di Caleb e torna poi, alla fine, in veste rivisitata, in modo devo dire piacevole e molto umano.
Il punto dolente di questo romanzo per quanto mi riguarda è la mancanza di coinvolgimento. E’ scritto bene, presenta splendide descrizioni, ci dà uno spaccato della vita quotidiana dei coloni del Seicento che senza dubbio contribuisce a creare un’atmosfera particolare, ma niente di più.
Anche i momenti che sarebbero dovuti essere più ricchi di pathos non mi hanno lasciato nulla. Insomma, io qui ho trovato una mancanza di sentimento. Nella parte finale del romanzo mi sarebbe piaciuto leggere di più su alcuni passaggi che per me erano importanti, ma che per l’autrice evidentemente non meritavano attenzione.
In alcuni punti ho trovato la narrazione un po’ pesante, troppo incentrata sui pensieri di Bethia che però non sono stati capaci di coinvolgermi, come se a parlare fosse un robot.

In conclusione, non è un brutto romanzo, tutt’altro, però lo consiglio solo parzialmente.
Se cercate qualcosa che possa coinvolgervi, non credo che questa sia la lettura giusta per voi.

George R.R. Martin – [Le cronache del ghiaccio e del fuoco] Il trono di spade

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[Le cronache del ghiaccio e del fuoco] Volume 1
Il trono di spade
George R.R. Martin

Il trono di spade

Un libro che mi ha lasciato impressioni contrastanti, partendo dal presupposto che generalmente non leggo fantasy.
Se ho iniziato questo romanzo è stato essenzialmente per la sua fama: sapevo che mi sarei trovata davanti una saga infinita, ma la cosa non mi scoraggia.

Trama in breve: Sul Trono di Spade siede Robert Baratheon, un Re più dedito ai piaceri che al proprio regno. Il suo amico, Eddard Stark, regna su Grande Inverno con la moglie Catelyn, i figli Robb, Sansa, Arya, Bran e Rickon e il figlio bastardo Jon Snow.
Alla casa degli Stark si contrappone quella dei Lannister: Cersei Lannister, moglie di re Robert, donna crudele e ambiziosa, avrà ruolo fondamentale negli intrighi del libro.
Nella città libera di Pentos, i discendenti del precedente re, Viserys e Daenerys Targaryen, ormai soli al mondo, tentano di riconquistare il potere che è stato strappato al loro genitore. In realtà, è Viserys a volere il potere. Daenerys, appena tredicenne, diventa merce di scambio per l’ambizione del fratello, e viene donata a khal Drogo, signore dei dothraki, “uomini a cavallo” del continente orientale.
Le vicende di questo insieme di personaggi si intrecciano senza fine. Tutti sono protagonisti, e nessuno lo è: la narrazione è corale, ogni capitolo è dedicato a un personaggio.

E’ davvero difficile riassumere questo romanzo, così come è difficile parlarne.
Partiamo dalla prima cosa che mi ha colpita: la narrazione corale. I personaggi sono ben delineati, con caratterizzazioni umane. Hanno i loro difetti, i loro pregi. Insomma, sono personaggi a tutto tondo, niente da eccepire. Nonostante questo, ho trovato difficile addentrarmi nella storia, perché non c’è un protagonista, in ogni capitolo si salta a un personaggio diverso. Una volta che ci ho fatto l’abitudine è stato abbastanza facile entrare nella storia, questo è vero, ma ugualmente è una soluzione che mi piace fino a un certo punto.
Passiamo alla narrazione. Le descrizioni sono splendide, i dialoghi mi sono piaciuti molto. Forse, le descrizioni in alcuni punti sono troppo lunghe. L’atmosfera cambia, è vero, quando si descrive un luogo nei minimi dettagli, ma quando lo si fa per ogni luogo, io ho la forte tentazione di saltare delle parti. L’ho fatto, lo confesso.
La trama, invece, si merita un bel giudizio positivo. In realtà gli avvenimenti importanti si contano su una mano, ma per quanto mi riguarda sono le piccole cose che assumono valore e senza dubbio ho apprezzato tantissimo questa importanza per i piccoli avvenimenti quotidiani.
Nonostante tutto, ho letto questo libro in pochi giorni. Si può dire che una volta cominciato non sono riuscita a smettere finché non l’ho finito.
Nonostante questo, lo trovo sopravvalutato. Mi rendo conto che è il primo di una saga, e dunque per farmi un’idea più completa leggerò i prossimi romanzi (o almeno, questo è il proposito), tuttavia, anche se lo considero un bel libro, non lo considero un capolavoro come viene osannato, almeno per il momento.

In conclusione, lo consiglio. Sì, per me vale la pena di leggerlo, sempre partendo dal presupposto che si avrà una considerevole mole di volumi da smaltire, vista l’ampiezza della saga. Mi dissocio, però, dai commenti ultra-entusiasti che ho trovato in giro. L’ho apprezzato, punto.