Suzanne Collins – [Hunger games] Hunger games

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Hunger games
Suzanne Collins

Hunger games

Ho iniziato questo libro essenzialmente perché una mia carissima amica ne è ossessionata, e a furia di parlarmene mi ha incuriosita. Quindi, eccomi a recensire il primo volume di questa ormai famosissima saga.

Trama in breve: Quando Katniss urla “Mi offro volontaria, mi offro volontaria come tributo!” sa di aver appena firmato la sua condanna a morte. E il giorno dell’estrazione dei partecipanti agli Hunger Games, un reality show organizzato ogni anno da Capitol City con una sola regola: uccidi o muori. Ognuno dei Distretti deve sorteggiare un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni che verrà gettato nell’Arena a combattere fino alla morte. Ne sopravvive uno solo, il più bravo, il più forte, ma anche quello che si conquista il pubblico, gli sponsor, l’audience. Katniss appartiene al Distretto 12, quello dei minatori, quello che gli Hunger Games li ha vinti solo due volte in 73 edizioni, e sa di aver poche possibilità di farcela. Ma si è offerta al posto di sua sorella minore e farà di tutto per tornare da lei. Da quando è nata ha lottato per vivere e lo farà anche questa volta. Nella sua squadra c’è anche Peeta, un ragazzo gentile che però non ha la stoffa per farcela. Lui è determinato a mantenere integri i propri sentimenti e dichiara davanti alle telecamere di essere innamorato di Katniss. Ma negli Hunger Games non esistono gli amici, non esistono gli affetti, non c’è spazio per l’amore. Bisogna saper scegliere e, soprattutto, per vincere bisogna saper perdere, rinunciare a tutto ciò che ti rende Uomo. 

E’ un romanzo interessante, senza dubbio.
Ammetto di averlo praticamente divorato; non è molto lungo e la scrittura è piuttosto semplice, ci si concentra sui fatti più che sullo stile e questo lo rende una lettura leggera, tutto sommato, anche se l’argomento non lo è.
L’idea di rinchiudere dei ragazzini in uno spazio chiuso per costringerli a un gioco al massacro non è nuova; ricordo di aver letto diverso tempo fa Battle Royale di Koushun Takami e la trama è molto simile.
Detto questo, mi soffermo un attimo sui personaggi.
Partiamo dalla protagonista, Katniss, nostra eroina e voce narrante. Non nutro particolare simpatia per i protagonisti in generale, per Katniss, poi, meno che mai. Non è un brutto personaggio, ma non lo trovo gestito al meglio.
Cerco di spiegarmi. Katniss viene dal Distretto più povero, il numero 12. Infrangendo la legge, è una cacciatrice, passa le sue giornate nei boschi a procurare cibo alla madre e alla sorella, Prim. Ha per la sorellina un amore sconfinato, al punto che si sacrifica per prendere il suo posto negli Hunger games.
Ora, questa Katniss è una ragazza poco istruita (e si vede) e anche poco educata (si vede pure questo). Fin qui, tutto okay. E’ un personaggio dal carattere forte, resta impresso ed è ben descritto. Ecco una cosa che mi ha urtata non poco: tutti la adorano. Che lo dimostrino o meno, tutti si trovano incantati da questa ragazza, nonostante il suo carattere scontroso e anche decisamente opportunista. E’ una cosa che personalmente non ho apprezzato, in fin dei conti con un carattere simile mi sarei aspettata delle reazioni meno accondiscendenti.
Per quanto riguarda lo sviluppo e la costruzione della trama vera e propria, è tutto molto lineare. Gli Hunger games vengono descritti dall’inizio alla fine, seguiamo la protagonista attraverso i boschi dell’arena e ammetto che è coinvolgente proprio per il fatto che ci sono molte, moltissime azioni.
Il tempo per i sentimenti c’è, ma è ridotto e in questo caso non l’ho trovato un difetto. Il fatto che il romanzo sia scritto in prima persona ci aiuta senza dubbio a immedesimarci con la protagonista, perciò non c’è bisogno di passaggi di riflessione, li viviamo attraverso le sue azioni e le sue decisioni.
Ci sono stati passaggi che mi hanno commossa e altri che mi hanno divertita, il tutto ben proporzionato: è un libro essenzialmente di azione, non eccede nel melenso e allo stesso tempo non vuole far ridere per forza. Insomma, l’ho trovato equilibrato.

In conclusione, direi che lo consiglio come lettura semplice, non troppo impegnativa.
Un bel romanzo, anche se non un capolavoro; un modo piacevole per passare un paio di giorni.

Ito Ogawa – Il ristorante dell’amore ritrovato

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Il ristorante dell’amore ritrovato
Ito Ogawa

cover_libro

Mi piacciono i libri che parlano di cibo.
Li adoro; mi piacciono le descrizioni dei profumi, dei sapori, delle ricette. Non potevo davvero, quindi, lasciarmi scappare questo romanzo.

Trama in breve: Ringo, una ragazza che lavora nelle cucine di un ristorante turco di Tokyo, rientra una sera a casa con l’intenzione di preparare una cena succulenta per il suo fidanzato col quale convive da un po’. Con suo sommo sgomento, però, scopre che l’appartamento è completamente vuoto. Niente televisore, lavatrice, frigorifero, mobili, tende, niente di niente. Spariti persino gli utensili in cucina, il mortaio di epoca Meiji ereditato dalla nonna materna, la casseruola Le Creuset acquistata con la paga del suo primo impiego, il coltello italiano ricevuto in occasione del suo ventesimo compleanno. E, soprattutto, sparito il fidanzato indiano, maitre nel ristorante accanto al suo, un ragazzo con la pelle profumata di spezie. Lo choc di Ringo è tale che resta impietrita al centro della casa desolatamente vuota, la voce che non le esce più dalla bocca. Decide allora di ritornare al villaggio natio, dove non mette più piede da quando, quindicenne, è scappata di casa in un giorno di primavera. Là, appartata nella quiete dei monti, matura il suo dolore. Una mattina, però, osservando il granaio della casa materna, Ringo ha un’idea singolare per tornare pienamente alla vita: aprire un ristorante per non più di una coppia al giorno, con un menu ad hoc, ritagliato sulla fisionomia e i possibili desideri dei clienti.

Ho trovato l’inizio di questo romanzo un po’ lento.
Anzi, molto lento, al punto che cominciavo a stancarmene. Lo salvavano le descrizioni stupende della preparazione dei cibi, e l’eleganza della scrittura.
Così ho continuato, e me ne sono innamorata.
Non è un libro dai grandi avvenimenti, la trama è molto semplice anzi, oserei quasi azzardare che la trama non c’è o comunque è ridotta al minimo.
Ma il ristorante di Ringo, il Lumachino, mi ha davvero catapultata in un mondo magico.
Questa volta non mi dilungherò molto sui personaggi: la protagonista ha davvero pochi contatti con gli altri personaggi, i dialoghi sono scarsi e tutto si concentra sulle descrizioni e sulle riflessioni di Ringo.
L’intensità di questo romanzo, per quanto mi riguarda, sta nei sentimenti.
Lo stile contribuisce senza dubbio ad aiutare in questo. Dire che il libro è scritto benissimo, per me, è dire poco. Ho trovato frasi stupende, uno stile musicale, lento, davvero suggestivo. Mi è piaciuto davvero tanto, diciamo che l’ho trovato il punto saliente del romanzo.
In rete ho trovato spesso critiche sulla scena della macellazione del maialino. Ammetto che è stata straziante, ma lo confesso: l’ho trovato il punto più sublime del romanzo. L’intensità dei sentimenti, il dolore della protagonista e allo stesso tempo una sorta di tranquillità che deriva da quella scena… E’ stato semplicemente perfetto.

In conclusione, è un romanzo che consiglio con tutto il cuore.
L’ho davvero adorato, e sono contenta di non essermi fatta scoraggiare dalla lentezza delle prime pagine: vale la pena di arrivare fino in fondo.