Ito Ogawa – Il ristorante dell’amore ritrovato

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Il ristorante dell’amore ritrovato
Ito Ogawa

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Mi piacciono i libri che parlano di cibo.
Li adoro; mi piacciono le descrizioni dei profumi, dei sapori, delle ricette. Non potevo davvero, quindi, lasciarmi scappare questo romanzo.

Trama in breve: Ringo, una ragazza che lavora nelle cucine di un ristorante turco di Tokyo, rientra una sera a casa con l’intenzione di preparare una cena succulenta per il suo fidanzato col quale convive da un po’. Con suo sommo sgomento, però, scopre che l’appartamento è completamente vuoto. Niente televisore, lavatrice, frigorifero, mobili, tende, niente di niente. Spariti persino gli utensili in cucina, il mortaio di epoca Meiji ereditato dalla nonna materna, la casseruola Le Creuset acquistata con la paga del suo primo impiego, il coltello italiano ricevuto in occasione del suo ventesimo compleanno. E, soprattutto, sparito il fidanzato indiano, maitre nel ristorante accanto al suo, un ragazzo con la pelle profumata di spezie. Lo choc di Ringo è tale che resta impietrita al centro della casa desolatamente vuota, la voce che non le esce più dalla bocca. Decide allora di ritornare al villaggio natio, dove non mette più piede da quando, quindicenne, è scappata di casa in un giorno di primavera. Là, appartata nella quiete dei monti, matura il suo dolore. Una mattina, però, osservando il granaio della casa materna, Ringo ha un’idea singolare per tornare pienamente alla vita: aprire un ristorante per non più di una coppia al giorno, con un menu ad hoc, ritagliato sulla fisionomia e i possibili desideri dei clienti.

Ho trovato l’inizio di questo romanzo un po’ lento.
Anzi, molto lento, al punto che cominciavo a stancarmene. Lo salvavano le descrizioni stupende della preparazione dei cibi, e l’eleganza della scrittura.
Così ho continuato, e me ne sono innamorata.
Non è un libro dai grandi avvenimenti, la trama è molto semplice anzi, oserei quasi azzardare che la trama non c’è o comunque è ridotta al minimo.
Ma il ristorante di Ringo, il Lumachino, mi ha davvero catapultata in un mondo magico.
Questa volta non mi dilungherò molto sui personaggi: la protagonista ha davvero pochi contatti con gli altri personaggi, i dialoghi sono scarsi e tutto si concentra sulle descrizioni e sulle riflessioni di Ringo.
L’intensità di questo romanzo, per quanto mi riguarda, sta nei sentimenti.
Lo stile contribuisce senza dubbio ad aiutare in questo. Dire che il libro è scritto benissimo, per me, è dire poco. Ho trovato frasi stupende, uno stile musicale, lento, davvero suggestivo. Mi è piaciuto davvero tanto, diciamo che l’ho trovato il punto saliente del romanzo.
In rete ho trovato spesso critiche sulla scena della macellazione del maialino. Ammetto che è stata straziante, ma lo confesso: l’ho trovato il punto più sublime del romanzo. L’intensità dei sentimenti, il dolore della protagonista e allo stesso tempo una sorta di tranquillità che deriva da quella scena… E’ stato semplicemente perfetto.

In conclusione, è un romanzo che consiglio con tutto il cuore.
L’ho davvero adorato, e sono contenta di non essermi fatta scoraggiare dalla lentezza delle prime pagine: vale la pena di arrivare fino in fondo.

Eiji Yoshikawa – Musashi

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Musashi
Eiji Yoshikawa

Musashi

Dal momento che sono appassionata di narrativa orientale e in particolare giapponese, non potevo non essere attratta da questo romanzo, così quando l’ho visto l’ho comprato all’istante.

Trama in breve: Siamo agli inizi del Seicento, il giovanissimo Miyamoto Musashi sogna di diventare samurai. Diventa una vera e propria forza della natura, diventa insuperabile nell’arte della spada, ma il suo cuore è sensibile anche all’amore e a sentimenti di profonda umanità.

Inizio con il dire che questo libro è composto di 848 pagine, che non sono poche.Non ho problemi a leggere romanzi chilometrici ma no, non ce l’ho fatta. Mi sono fermata che mi mancavano appena cinquanta pagine. Probabilmente è stato un problema mio, che in questo periodo non ho voglia di leggere, comunque non sono proprio riuscita a proseguire.
Ma andiamo con ordine.
Parto dicendo che l’inizio non è dei più appassionanti. Diciamo che mi ci sono volute un centinaio di pagine per entrare nel ritmo della storia, anche se ammetto che ci sono numerosi personaggi interessanti che compaiono fin da subito (in particolare ho apprezzato il monaco Takuan) e che mi hanno invogliata a continuare.
I personaggi sono davvero tanti, ma i più importanti ricorrono in tutta la vicenda e quindi, alla fine, sono riuscita ad apprezzarli e a riconoscerli nonostante la loro quantità e i loro non sempre facilissimi nomi.
Una nota dolente del romanzo per me è proprio il personaggio di Musashi.
L’ho trovato davvero, davvero insopportabile. Inizia come poco di buono e finisce modificando radicalmente il proprio modo di fare, spinto dal desiderio di perfezionarsi, e fin qui ci sta. Tuttavia, Musashi diventa letteralmente invincibile. Ribadisco, mi mancano le ultime cinquanta pagine quindi per quanto mi riguarda potrebbe anche essere morto e io non lo scoprirò mai, ma fino alla fine del romanzo Musashi resta imbattuto. E soprattutto, mai ferito.
Ora, che lui sia fortissimo ci sta, va bene. Ma che la ferita più grave che si procura sia un livido francamente mi è sembrato assurdo.
Senza dubbio questo è quello che mi ha dato più fastidio; per il resto, ho adorato questo libro.
E’ una storia d’avventura, ma nonostante questo è descritta con eleganza e con una grande cura per i dettagli, cosa che personalmente ho apprezzato tantissimo. Ho adorato le descrizioni, l’attenzione per i paesaggi e le atmosfere.
Mi è sembrato davvero di essere stata catapultata in un altro mondo, e senza dubbio per me è stato questo il punto di forza del romanzo.
Essendo lunghissimo, è davvero difficile per me trovare tutti i punti che mi sono piaciuti e tutti quelli che non mi sono piaciuti, diciamo che in generale mi è piaciuto davvero molto, nonostante i personaggi a tratti poco credibili o comunque spinti all’estremo.
Anche se non l’ho concluso, dunque, posso dire di aver sviluppato un giudizio assolutamente positivo di questo romanzo.

In conclusione, lo consiglio, anche se è una lettura che tiene abbastanza impegnati, se non per la storia quanto meno per la lunghezza e il gran numero di informazioni che riceviamo in queste quasi 900 pagine.

 

Yukio Mishima – Ali

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Ali
Yukio Mishima

Ali

Io con Mishima ci provo sempre.
Dopo aver adorato Confessioni di una maschera e aver finito a fatica Colori proibiti, ho deciso di riprovare con Ali.
“Son trenta pagine”, mi sono detta, “puoi farcela”.

Trama in breve: Yoko e Sugio, cugini, provano una forte attrazione l’uno per l’altro. Ognuno dei due immagina sulle spalle dell’altro delle ali che lo rendono speciale, diverso dal resto del mondo. Ali che tornano, poi, e che sono più pesanti di quanto pensavano.

Mishima ha uno stile inconfondibile, per quanto mi riguarda, e quest’opera, con la sua brevità, è perfetta così com’è.
Sono trenta pagine intense, dolci, sensuali e ricche di sentimento. Come scrive lui, non scrive nessuno.
Personalmente trovo che lo stile di questo autore si esprima meglio quando non si dilunga troppo, o almeno così mi è parso dopo essermi confrontata con due dei suoi romanzi più questo racconto.
L’eleganza e la raffinatezza delle sue descrizioni ogni volta mi rapisce, qui più che mai.
L’idea delle ali è splendida, resa benissimo.
E’ difficile dire tanto su un testo così breve, ma in fin dei conti trovo che non ci sia davvero molto da dire se non “leggetelo, merita”.

Jamie Ford – Il gusto proibito dello zenzero

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Il gusto proibito dello zenzero
Jamie Ford

Recensione

Lo confesso: l’ho comprato perché sono stata conquistata dagli occhioni della bimba in copertina.
Non me ne sono pentita per nulla; l’ho trovato un libro davvero stupendo.

Trama in breve: Henry è cinese nato in America, Keiko è giapponese, anche lei nata in America.
Siamo negli anni ’40, anni di forte discriminazione nei confronti dei giapponesi: la guerra mondiale è in atto e i giapponesi sono il nemico. Nonostante questo, Henry e Keiko fanno amicizia e si innamorano. Ci penseranno poi i programmi anti-giapponese a separarli, ma Henry e Keiko non si dimenticheranno mai.

E’ un libro commovente come pochi tra quelli che ho letto.
Confesso: pur essendo una lettrice accanita, mi capita molto di rado di commuovermi. In questo caso, confesso che una profonda malinconia non mi ha mai abbandonata, durante la lettura.
Lettura che, tra l’altro, è durata appena un paio di giorni. Eh sì, perché una volta iniziato non riuscivo più a fermarmi: avevo bisogno di seguire ancora Henry, il nostro protagonista.
Ho trovato personaggi ben costruiti, situazioni quotidiane che si intrecciano che uno dei capitoli bui della storia americana recente, e tanto, tanto sentimento.
Ammetto che di tanto in tanto ho trovato Henry un po’ troppo maturo. Nella maggior parte della narrazione ha dodici anni: premettendo che sì, è vero che la sua situazione familiare lo porta a crescere in fretta, in alcuni passaggi fa ragionamenti che ho trovato complessi per un ragazzo di quell’età, anche se senza dubbio si vede l’ingenuità, la spontaneità di un dodicenne che si trova invischiato in fatti che non capisce, e contro cui prova a combattere.
Ecco, questo è il punto di forza di Henry: lui ci prova, ci prova sempre, per quarant’anni. Anche se ha contro tutti, anche se è difficile, se non impossibile, lui cerca la sua Keiko per quarant’anni.
Come va a finire? Lascio a voi il piacere di scoprirlo.

In conclusione, consiglio questo libro con tutto il cuore: se cercate una storia dolce-amara, che vi faccia stare incollati alle pagine e che vi faccia commuovere ed emozionare, questo è il libro che fa per voi.